Il decadimento cognitivo nell’anziano

Gli spazi dedicati alla persona anziana rispondono a una necessità che, con l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento dell’età media, diventa sempre più evidente.
L’anziano si trova infatti in una fase della vita che, per le peculiari caratteristiche e per le patologie che la contraddistinguono, deve essere gestita con approcci su misura; in quest’ottica nascono quindi professionisti specializzati in psicogeriatria, tra cui lo psicologo esperto in invecchiamento.

Il decadimento cognitivo (chiamato anche “demenza”) costituisce una delle principali malattie legate alla terza età. Esso è caratterizzato da un peggioramento nelle funzioni cognitive (memoria, linguaggio e attenzione), causata da atrofizzazione, cioè perdita di neuroni, a livello cerebrale. Per una diagnosi di decadimento cognitivo è necessario che il peggioramento nelle funzioni cognitive determini una perdita delle autonomie. In altre parole, l’anziano con decadimento cognitivo non è più in grado di condurre in autonomia le attività della vita quotidiana (mangiare, bere, lavarsi, gestire i propri soldi, ecc). Sebbene anche nell’anziano sano si osservi un peggioramento delle funzioni cognitive dovuto all’età, nell’anziano con demenza questo peggioramento è molto più netto e invalidante.

Esistono diverse forme di decadimento cognitivo (la più nota è quella di Alzheimer) e ogni forma è caratterizzata da un diverso profilo cognitivo. Nelle forme più comuni di demenza si osserva in particolare la perdita di memoria: l’anziano non riesce a ricordare nuove informazioni, mentre ricorda bene le informazioni risalenti al passato. La memoria, tuttavia, non è l’unica funzione cognitiva che può essere colpita; l’anziano con decadimento cognitivo può infatti presentare difficoltà di attenzione, linguaggio, ragionamento, calcolo, pianificazione e organizzazione del comportamento; è inoltre molto frequente il disorientamento nel tempo e nello spazio. Il decadimento cognitivo è una malattia cronica e progressiva, che quindi peggiora nel corso del tempo; nelle fasi più avanzate si osserva una globale compromissione di tutte le funzioni cognitive.

Spesso la persona con demenza non è consapevole delle proprie difficoltà; diventa quindi di fondamentale importanza il ruolo dei suoi cari, che possono cogliere alcuni campanelli d’allarme e attivarsi quindi per una valutazione e un intervento precoci.

Per quanto riguarda la memoria, i primi campanelli d’allarme si verificano quando l’anziano inizia a dimenticare gli appuntamenti presi, necessita che gli vengano ripetute più volte le stesse cose, pone spesso le stesse domande, dimentica dove mette gli oggetti oppure dimentica di concludere alcune azioni della vita quotidiana, esponendosi anche a pericoli, ad esempio, dimentica di chiudere il gas.
Si dovrebbe invece sospettare un disturbo di linguaggio quando la persona anziana, durante la conversazione, presenta difficoltà a trovare la parola specifica da usare, utilizza spesso parole generiche (ad esempio “cosa”, “posto”), articola le parole in modo poco comprensibile e inceppandosi, fatica a comprendere frasi lunghe.
I campanelli d’allarme per i disturbi di attenzione si riscontrano invece quando l’anziano fatica a portare a termine un compito perché si distrae facilmente, perde il filo del discorso, non riesce a svolgere più attività contemporaneamente.
In aggiunta, le difficoltà dell’anziano possono coinvolgere quelle che vengono chiamate “funzioni esecutive”, cioè le abilità che ci consentono di pianificare il nostro comportamento e inibire le risposte automatiche. L’anziano presenta comportamenti disinibiti o impulsivi e ha difficoltà a interrompere un’azione già iniziata, a cambiare l’organizzazione della giornata, a gestire le pratiche quotidiane (ad esempio, pagamento delle bollette).
Ulteriori campanelli d’allarme per il decadimento cognitivo, infine, riguardano la difficoltà dell’anziano a orientarsi sul territorio (ad esempio, si perde anche in percorsi a lui familiari) e la difficoltà a svolgere sequenze di azioni quotidiane (ad esempio, preparare il caffè).

I disturbi cognitivi sono spesso accompagnati da disturbi comportamentali e psicologici: depressione, ansia, apatia, ritiro sociale, irritabilità e scoppi di ira, aggressività verbale e fisica, disinibizione con comportamenti non appropriati al contesto.

Ad oggi, purtroppo, non esiste una terapia che possa guarire dal decadimento cognitivo; esistono però numerose cure, farmacologiche e non farmacologiche, che rallentano l’evoluzione della demenza e garantiscono una migliore qualità di vita all’anziano. Si menziona, tra le terapie non farmacologiche, la stimolazione cognitiva: essa consiste in un programma di esercizi, svolti sia in studio con il professionista sia a casa in autonomia, strutturato su misura in base al tipo di decadimento e alle difficoltà dell’anziano. La stimolazione cognitiva consente di rallentare il peggioramento delle funzioni cognitive coinvolte dal decadimento e di potenziare le funzioni cognitive rimaste sane, in modo che possano sopperire alle difficoltà di quelle danneggiate.
Il benessere dell’anziano con decadimento, infine, dipende anche dall’ambiente circostante e dalle persone che si prendono cura di lui: risulta quindi di fondamentale importanza una presa in carico del nucleo familiare, sia per offrire un supporto psicologico ai caregiver, sia per condividere con loro strategie funzionali con cui gestire la quotidianità con il malato.

La demenza, in conclusione, non può purtroppo essere guarita, ma può essere curata!

Dott.ssa Valeria Zanin

Psicologa

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